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sabato 29 agosto 2015

UNA ESPERIENZA STRAORDINARIA

 
Per rendere più attendibile la sua testimonianza, di un tale si dice: era un filosofo; di un tal’altro: era uno scultore; di un altro ancora: era un grande letterato.

Di me nulla si può dire di tutto ciò.

Io sono solamente un "morituro".

Mi chiamo Ugo Beneventi. Sono nato nella Valle del Dragone (Montefiorino), la bellezza di ottantadue anni or sono; come si nota, non sono un ragazzino. Ormai, per dar spazio ai miei orizzonti terreni devo volgermi indietro. Durante il percorso della mia esistenza due sono stati gli appuntamenti con "sora nostra morte corporale", come diceva Francesco D’Assisi. Il primo fu il 18 marzo 1944, davanti ad una mitragliatrice nazi-fascista, a Costrignano, assieme ad altre sedici persone, ma sono passati ormai più di settant’anni ed è rimasto solamente il ricordo del terrore del momento.

Il secondo, invece, è recente (maggio 2014) ed ha arricchito la mia anima di una esperienza nuova, molto più profonda. Un arresto cardiaco mi ha portato ad un passo dalla morte, (ospedale di Sassuolo) posteggiandomi in quella terra di mezzo che non riesci bene a definire.

Premetto che sono testimone di una esperienza che ho sempre preso sottogamba, quando la sentivo raccontare, invece è capitata anche a me e perciò la racconto, per quello che vale. Nel mio coma, che è durato ore, mi sono visto rinchiuso in uno sgabuzzino, caratterizzato da una sola porticina di ferro dipinta di arancione (come fosse minio), contro la quale appoggiavo, come incollato, l’orecchio sinistro. Ascoltavo con grande attenzione, impegnato al massimo, ma non ho sentito provenire alcun rumore né voce; calma assoluta, dentro ed intorno a me. Ero tranquillo e rilassato e dicevo, tra me e me, "Coraggio! Tra un minuto sono di là".

Ricordo benissimo che parlavo in prima persona ed ero ansioso di passare dall’altra parte, dove avrei trovato, pensavo, la soluzione a tutti i miei problemi. Ne ero consapevole.

Visto che ero ad un passo dalla soluzione "finale", e ragionavo su questo, desideravo ormai oltrepassare quella porticina, quando, invece, con un sobbalzo, mi sono ritrovato, quasi con disappunto, tra le braccia del mio rianimatore. Solo allora ho ripreso coscienza ed ho sentito il calore di una mano che mi sfilava un tubo dalla bocca. Ricordo chiaramente di avere esclamato: "Dio onnipotente, aiutami!". Ero rientrato nel vecchio e "doloroso" mondo dei vivi. Fu allora che il medico uscì per annunciare a mia figlia: "Il suo papà è fuori pericolo".

Ho ripreso il mio fardello e la mia vita e, nonostante tutto, ringrazio chi si è prodigato per mantenermi nell’al di qua, perché la vita è il più bel dono che Dio ci possa fare. Mentre tutto intorno a me si stava svolgendo quel cerimoniale che chiamiamo "tragedia della morte", io stavo, serenamente, in attesa di attraversare la famosa porticina arancione che è, invece, rimasta ermeticamente chiusa.

Fino a quando?

A nessuno è dato sapere.



Ugo Beneventi
 
 

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