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sabato 29 agosto 2015

UN NONNO GIRAMONDO


"Tomas Torri di Montefilino, di anni 24, biondo con occhi azzurri, sa leggere e scrivere e far di conto, con soldi in tasca..."; Avrebbe lavorato nella miniera di carbone...



 
 
Di Irene Bartolai

Tra la fine del 1800 ed inizio del 1900 per molti, che di solito andavano a lavorare lontano da casa solo nei mesi invernali, iniziò un periodo di migrazioni di alcuni anni; per gli Stati Uniti di solito quattro.
 
Da Frassinoro e dintorni erano già partiti alcuni amici e conoscenti di mio nonno, Tommaso Torri del Sasso, quando nel 1906, ci fu, da parte loro, richiesta di nuovi emigranti.
 
Ne partirono parecchi, tra questi mio nonno, il famoso "stregone della Canalaccia" e molti da S. Anna: pochi anni prima il paese era stato distrutto da una frana e il bisogno di soldi per ricostruire case, stalle e per lavorare i campi era un forte incentivo a partire.
 
Naturalmente esistevano alcuni vincoli: il posto di lavoro già sicuro, soldi in tasca per le prime necessità, il viaggio dal porto alla destinazione, sicurezza di alloggio, buona salute (infatti occoreva un certificato medico).
 
Si partiva dal porto di Le Havre nel nord della Francia con arrivo a New York, a Ellis Island; su quest'isola i migranti trascorrevano la quarantena, venivano visitati, controllati e registrati in ogni dettaglio, molti dei quali storpiati, specialmente nei cognomi e nei paesi di provenienza. Era difficile tradurre esattamente dal dialetto all'italiano, quindi al francese ed infine all'inglese.
 
Mio nonno è registrato come "Tomas Torri di Montefilino, di anni 24, biondo con occhi azzurri, sa leggere e scrivere e far di conto, con soldi in tasca". Avrebbe alloggiato dall'amico Battista M. a Des Moines Towa e lavorato nella miniera di carbone.
 
Non so come abbia raggiunto Le Havre, se da Genova via mare o da Milano-Torino in treno.
 
Le navi che facevano la spola erano due: la "Loraine" e la "Touraine", una volta al mese una andava ed una tornava; il viaggio durava circa sette/dieci giorni e venivano imbarcate mille persone ogni volta.
 
Un particolare buffo: tutti dicevano che erano partiti dal porto "delle cavre" così io non ho capito, per molti anni, dove fosse questo porto.
 
Mi mancano molte notizie su questo periodo americano, avevo un po' di soggezione di mio nonno e lui era taciturno e non si confidava tanto.
 
Una volta mi disse che, avendo dimistichezza con gli animali, lo misero a condurre i cavalli da traino per i vagoncini che uscivano dalla miniera carichi di carbone: così per lui furono meno le ore trascorse all'interno della miniera.
Nei giorni di festa ci si trovava con gli amici (alcuni di Cargedolo) e cantavano il "Maggio"; poiché mio nonno era carino, biondo, occhi azzurri e bella voce, interpretava soprattutto Pia de Tolomei, però senza tagliare i baffi (ai quei tempi sarebbe stato quasi un disonore). Il nonno tornò nel 1910 e con i soldi guadagnati, nel 1912, costruì una casa bella e grande, comprò alcuni campi ed infine si sposò. Nel 1914 nacque la prima figlia. Nel 1915 durante la "Grande guerra" lo mandarono sulla costa dalmata dove contrasse il colera, ma un suo amico di Palagano di nome Celso, correndo il rischio di fucilazione uscì dal cordone sanitario e fece incetta limoni e costrinse mio nonno a mangiarne a chili. Mio nonno guarì e tornò a casa sano e salvo.
 
 

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