Montefiorino dopo l'incendio del 6 agosto 1944 (www.resistenzamappe.it)
Di Irene Bartolai
Nell'aprile del 1945 una colonna di soldati tedeschi provenienti da Palagano attraversò il Dragone e passò da Casa Bordoni in fondo a Casola. Presero in ostaggio mio nonno, Dante Bartolai, unico uomo presente nella borgata e lo obbligarono a fare da guida ai soldati che stavano risalendo la valle per congiungersi alle truppe provenienti dalla Garfagnana con camion in ritirata dalla linea Gotica.
L'appuntamento era importante altrimenti sarebbero rimasti a piedi in una zona ormai pericolosa per loro. Mio nonno fu messo davanti tra due file di militari e con i fucili puntati alla schiena: tutti erano molto nervosi e spaventati, perciò ancora più pericolosi. La salita fu abbastanza veloce, lo stradello era in buone condizioni, e mio nonno terrorizzato, era ormai convinto che all'arrivo alla strada provinciale lo avrebbero fucilato, proprio davanti alla casa vecchia dei suoi suoceri. A quei tempi non c'era molta vegetazione, la gente era tanta e l'inverno gelido, per cui si tagliavano molte piante, così la visuale era ampia.
All'improvviso un rumore di motori e un polverone si alzò in prossimità della casa delle suore, i soldati della colonna lanciarono un urlo e spararono molti colpi per la gioia di constatare che erano giunti all'appuntamento sani e salvi. Si lanciarono in una corsa per arrivare sulla provincialei e, cosa importante, si dimenticarono di mio nonno, il quale dopo pochi passi si buttò nella siepe sottostante, in mezzo ai rovi. Stette fermo finché non sentì che i comion sopraggiunti avevano caricato tutti e si erano allontanati verso la pianura.
Allora uscì dai rovi e correndo come un matto per campi e boschi raggiunse in casa sua.
Mia nonna, Irene Corti, era in attesa spasmodica di notizie. I colpi di fucile l'avevano terrorizzata e quando vide arrivare mio nonno lo spavento aumentò: infatti, causa i rovi era una maschera di sangue, tutto lacero ma fortunatamente vivo. Raccontava di avere avuto più paura di quando, nella Grande Guerra, aveva combattuto sul Carso e partecipato alla disfatta di Caporetto.
Nel giro di poco tempo i suoi sei figli, tutti in guerra e tutti prigionieri, tornarono a casa sani e salvi.
Mio nonno morì il 25 aprile 1970: il destino gli aveva regalato altri 25 anni, vissuti serenamente.
Pubblicato su la LUNA nuova, ottobre 2016
L'appuntamento era importante altrimenti sarebbero rimasti a piedi in una zona ormai pericolosa per loro. Mio nonno fu messo davanti tra due file di militari e con i fucili puntati alla schiena: tutti erano molto nervosi e spaventati, perciò ancora più pericolosi. La salita fu abbastanza veloce, lo stradello era in buone condizioni, e mio nonno terrorizzato, era ormai convinto che all'arrivo alla strada provinciale lo avrebbero fucilato, proprio davanti alla casa vecchia dei suoi suoceri. A quei tempi non c'era molta vegetazione, la gente era tanta e l'inverno gelido, per cui si tagliavano molte piante, così la visuale era ampia.
All'improvviso un rumore di motori e un polverone si alzò in prossimità della casa delle suore, i soldati della colonna lanciarono un urlo e spararono molti colpi per la gioia di constatare che erano giunti all'appuntamento sani e salvi. Si lanciarono in una corsa per arrivare sulla provincialei e, cosa importante, si dimenticarono di mio nonno, il quale dopo pochi passi si buttò nella siepe sottostante, in mezzo ai rovi. Stette fermo finché non sentì che i comion sopraggiunti avevano caricato tutti e si erano allontanati verso la pianura.
Allora uscì dai rovi e correndo come un matto per campi e boschi raggiunse in casa sua.
Mia nonna, Irene Corti, era in attesa spasmodica di notizie. I colpi di fucile l'avevano terrorizzata e quando vide arrivare mio nonno lo spavento aumentò: infatti, causa i rovi era una maschera di sangue, tutto lacero ma fortunatamente vivo. Raccontava di avere avuto più paura di quando, nella Grande Guerra, aveva combattuto sul Carso e partecipato alla disfatta di Caporetto.
Nel giro di poco tempo i suoi sei figli, tutti in guerra e tutti prigionieri, tornarono a casa sani e salvi.
Mio nonno morì il 25 aprile 1970: il destino gli aveva regalato altri 25 anni, vissuti serenamente.
Pubblicato su la LUNA nuova, ottobre 2016
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