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mercoledì 23 dicembre 2015

TERZA PAGINA - PARIGI SANGUINA



Di Daniele Fratti

Parigi sanguina,
colpita per la seconda volta nell’arco di 12 mesi in punti simbolici della propria identità: la musica, i ristoranti, la stampa, la libertà di pensiero e di azione.
Sono state scritte migliaia di pagine su cause ed effetti di un evento che ha sconvolto il cuore dell’Europa e c’è stata una forte mobilitazione del popolo "web", che attraverso immagini e messaggi ha espresso solidarietà ai francesi per il grave lutto subito. Certamente è molto importante un sentimento di vicinanza, ma può bastare?
Ciò che è accaduto è un dramma che non soltanto riguarda il movimento terrorista IS (Islamic State), ma dovrebbe far ripensare alla politica di approccio all’immigrazione che gli stati dell’Europa hanno adottato negli ultimi 40 anni. E questo perché a colpire, nella maggioranza degli attacchi subiti negli ultimi 15 anni in Europa, sono stati cittadini europei.
Il nemico è tra noi, perso tra le pieghe di una parte di società nascosta sia ai servizi di intelligence che ai cittadini più prossimi e soltanto in apparenza riconducibile all'emarginazione.
Le politiche di integrazione hanno mostrato evidenti limiti e la società europea dovrà necessariamente interrogarsi sul perché; e potrebbe iniziare domandandosi se una problematica del genere non possa dipendere dalla mancanza di un’identità chiara dei paesi accoglienti.
Dopo la caduta del muro di Berlino e la fine della guerra fredda, l’Occidente si è aggregato sull’unico valore forte sviluppatosi: il potere economico. Come riportato anche da Papa Francesco nell'enciclica "Evangelii Gaudium" la colpa dell'economia contemporanea è stata quella di creare un sistema fortemente escludente, incapace di generare un miglioramento diffuso delle condizioni di vita delle popolazioni, a favore dell'arricchimento di una fascia ristretta di persone. Senza volersi addentrare in teorie economiche ed escludendo categoricamente qualsiasi astrusa giustificazione ad atti di violenza di qualunque natura, le autorità europee dovrebbero riflettere su come agire in tal senso. Per fare ciò occorre necessariamente una visione culturale e sociale che sappia riconoscere un passato ed una storia comune, per definire le linee guida della politica futura.
L’assenza di un’identità, in primis culturale, rende impossibile il confronto e quindi il rapporto, base necessaria per l’integrazione.
Non si tratta di un tema limitato alle stanze del potere, anzi..
Se ognuno di noi si chiedesse qual è la propria identità culturale e sociale saprebbe cosa rispondere?




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