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mercoledì 23 dicembre 2015

IN VIAGGIO CON FRANCESCO - "LAUDATO SI'..."


Senza indugiare oltre; mettiamoci in cammino!
"Settembre. Andiamo. E’ tempo di migrare",…
dice D’annunzio ai suoi pastori.
Per noi cattolici, "Settembre"
è già da lunga pezza.
Troppo tempo, sprecato.
Or su, andiamo!
E’ Francesco che chiama, che rinnova a tutti, e a ciascuno di noi, l’invito di Gesù a Matteo - Levi: "Seguimi!" (Mc.2,14).
"A nessuno chiediamo:"da dove vieni?, ma dove vai?", e se la meta è la stessa, perché non proseguire assieme?" (Giovanni XXIII).
Via le vecchie ruggini che troppi danni hanno provocato già all’Umanità tutta intera! La Chiesa ha cambiato passo; lo si capì, inequivocabilmente, da quel semplice: "Buona sera!".
Qualcuno ci restò male, legato com’era ancora alla Tiara, alla Sedia gestatoria, alla "Chiesa italiana", e alla corte pontificia delle Eminenze. E’ la Chiesa delle favelas e delle grandi periferie del Pianeta, quella che si è affacciata dal loggione di San Pietro a presentare, nella persona del nuovo vescovo di Roma appena eletto, le "credenziali" alla vecchia Chiesa dei colonizzatori. E la "liturgia" è appena cominciata. Infatti Francesco presenta ora la sua ultima lettera: la "Laudato si’".
Il titolo è tratto dal Cantico delle creature, scritto di pugno da Francesco di Assisi circa nel 1224/6. E’ la lode a Dio per le cose create. E’ un Cantico-preghiera che ci invita ad unirci a lui in un inno di ringraziamento nella sua lingua originale, il volgare umbro-marchigiano. Facciamo il "pieno" prima della partenza. Gustiamoci la mistica che da esso si sprigiona.
"Altissimu, onnipotente, bon Signore,
tue so’ le laude, la gloria, e l’honore et onne benedictione. […]
"Laudato sie, mi Signore, per lo frate sole…
Laudato sie, mi Signore, per sora luna…
Laudato sie, mi Signore, per frate vento…
Laudato sie, mi Signore, per sor’acqua…
Laudato sie, mi Signore, per frate focu…
Laudato sie, mi Signore, per sora nostra madre terra… […]
Laudato sie, mi Signore, per sora nostra morte corporale…
Ho letto l’Enciclica con la dedizione di cui sono capace. Confesso che per un attimo mi sono sentito rapito in alto. E’ uno scritto doloroso, drammatico; seppure gioioso. La sua guida, la sua pedagoga, il suo palinsesto è sempre e comunque la Speranza. E’ una esortazione, una preghiera accorata che passa da un Francesco ad un Altro; da un grande cuore all’altro. Una linfa vitale che scorre attraverso le anime di buona volontà che abitano in carne ed ossa la medesima terra; nella consapevolezza di chi sa che di terra, di "madre terra", ce n’è una sola. Solamente "Una" la quale tutti ci ospita, tutti ci nutre, e tutti ci accoglie nel suo seno. E’ la nostra casa; la "nostra sorella e madre". Rispettiamola!
Spinto da una profonda necessità interiore, prima di dedicarmi alla lettura dell’Enciclica di Papa Francesco, cerco un luogo fisico, un sito appartato, dove potermi raccogliere e meditare in pace. Cerco quel posto geografico dove sta scritta la mia infanzia; e dove ho ricevuto, lontano da occhi "professorali", la mia prima educazione ecologica e sociale. Mio maestro e mentore: un contadino analfabeta e saggio, di nome "Bortolino". Uomo di grande vaglia, ispirato dal soffio dello Spirito. Rinvenuto il sito, vi pianto la mia tenda e siedo.
E’, a grandi linee, tra i monti Cimone, Cusna e Modino. Trattasi di una piccola vallata, una lunga striscia di terra, che si snoda lungo il torrente Dragone, nella omonima valle; sito da noi denominato: "Garibottolo". E’ un bosco di castagni, attraversato da un ruscello con un filo d’acqua che, tuttavia, non cessa mai di scorrere per tutto l’anno. Emette un lieve gorgoglio che è una carezza per l’anima di chi si ferma a bere un sorso della sua acqua chiara. Un luogo ameno; un sito dello Spirito; un posto ideale, dove librarsi nel vento della fantasia. Qui la poesia è di casa ed il Poeta si arrende alla sua Musa e canta così:
"Una di flauti lenta melodia
passa invisibil tra la terra e il cielo:
spiriti forse che furon, che sono
e che saranno?"
(Giosuè Carducci "La chiesa di Polenta").
Versi che legano assieme presente, passato e futuro; e ti invitano ad entrare, in punta di piedi, nello spirito dell’Enciclica papale.
Immerso in questo luogo dell’anima, a me carissimo e quasi mistico, mi si palesa la figura del mio Maestro. La sua presenza è reale. Si istaura un dialogo vero. Mi parla alla maniera di sempre: di quando era ancora in vita; ed io gli rispondo a voce alta: come quando ero bambino.
"Laudato si’, mi Signore"…
Voglio leggere in questo posto la Lettera di Francesco. Questo è il luogo dove il mio Maestro mi ha impartito le prime lezioni di educazione ecologica e sociale. Per trarne vantaggio, però, ci vuole umiltà di cuore, come solamente lui era capace di trasmettere. Dunque, mi inginocchio per terra e leggo: "non dimenticando mai che noi stessi siamo terra"(2); come ribadisce fin dal principio, la stessa Enciclica.
Il sito in cui siedo è luogo "sacro"; vi ha sede la "cattedra" della mia infanzia. La mia educazione alla vita è nata qui e in questo posto affonda le sue radici. E’ proprio da questo piccolo angolino di Universo che ho appreso che tutto ciò che succede sulla terra riguarda il mondo intero. Mi piace dirla con una frase suggestiva: "Si dice che il minimo batter di ali di una farfalla sia in grado di provocare un uragano dall’altra parte del mondo"; dunque: tutto si lega.
Tanti anni fa, poco più che ventenne, mi dedicai con molta passione alla cosa pubblica. Misi a frutto gli insegnamenti del mio Maestro, alcuni dei suoi insegnamenti; intraprendendo una lotta decisa contro chi buttava rifiuti di ogni genere nei fossi e lungo i dirupi. Fu l’inizio, e la fine, della mia "carriera politica", ma ne ero pienamente consapevole, e… quasi ne andavo fiero. Solo lui, però, mi disse: "Bravo!". Per me fu di grande aiuto, ed un incitamento a proseguire nel mio intento. Così come colgo ora, con grande soddisfazione, la stessa consolazione nella lettura di Bergoglio.
Il cambiamento drammatico che si sta verificando nei nostri cieli, lo si può toccare con mano anche da questo piccolo lembo di terra. E’ visibile ogni giorno di più. Il ruscello esiste ancora, ma quel filo d’acqua, limpida, chiara, fresca, non è più potabile né per gli uomini né per gli animali; è diventata insalubre, putrida, priva di vita. Una volta pullulava di rane, girini, bastoncini semoventi, ed una infinità di altri esseri viventi; oggi è acqua morta, contrassegnata da un cartello con su scritto: "Attenzione! Acqua non potabile". Erano anni che non venivo da queste parti, e forse non vi sarei mai più ritornato se non fosse stato per la lettera del Papa. Leggendo quel cartello, ho avvertito una stretta al cuore. L’ho recepito come un monito di morte: "l’Achtung" dei nazisti.
Quel luogo mi è diventato ostile. Le piante stesse si sono ammalate. I castagni, il pane per molteplici generazioni di poveri, si sono seccati; come scheletri tendono le braccia al cielo. A suo tempo, senza di loro anch’io sarei morto di fame. Sembra che Papa Francesco, per scrivere le sue considerazioni, sia passato di qui.
Ripenso al mio castagneto d’un tempo. Quando ero ragazzo, questo bosco di castagni sembrava un giardino. Rientrava nei miei compiti specifici tenerlo in ordine, "governarlo", come il cortile di casa. Provvedevo a pulirlo, ad accudirlo, a tagliare le erbacce e gli sterpi, per poter raccogliere agevolmente i frutti e liberarlo dalle erbacce e dalle liane che lo soffocavano. Oggi è un luogo desolato, abbandonato a sé stesso; quasi una discarica a cielo aperto. Anche la fauna è profondamente cambiata. Non è più quel bel posto silenzioso, riposante, che io ricordo; rotto solamente dal tonfo sordo delle castagne che cadevano su di un letto di foglie secche, ed allietato dal canto di uccellini che sembrava cantassero sottovoce, per non disturbare. Alla luce di questi guasti, il documento del Papa diventa conturbante. Ci spinge a ricercare motivi validi per impegnarci, per migliorare noi stessi e l’ambiente che ci circonda. Migliorare l’ambiente per vivere meglio noi e chi verrà dopo di noi. E’ così che da ecologica, questa Enciclica, diventa sociale. Se riferiamo questa situazione ai grandi spazi, alle grandi foreste del pianeta, la cosa diventa drammatica.
E’ poi altamente allarmante, lo si nota anche nei piccoli paesini agricoli del nostro Appennino, l’inquinamento dell’aria, dell’acqua, dovuto allo spandimento dei liquami dei grandi allevamenti. Per non dire dei pesticidi usati in agricoltura. Noi, piccoli agricoltori, allevatori, lavoratori della campagna, non abbiamo voce in capitolo, ma il nostro contributo potrebbe essere importante, solo se prendessimo in considerazione le esigenze degli altri. Respirare aria pulita; bere acqua potabile; mangiare prodotti agricoli non innaffiati con liquami di stalla; è problema che riguarda tutti indistintamente. Occorre istillare, soprattutto nei giovani, una nuova sensibilità sociale. Tutte queste cose sono ben presenti e chiaramente percepibili nella lettera di Francesco. Bisogna convincere chi nega la gravità della situazione. E’ una questione vitale smetterla di "alimentare tutti i vizi autodistruttivi: cercando di non vederli, lottando per non riconoscerli, rimandando le decisioni importanti, facendo come se nulla fosse (59) (Parole del Papa).
Ho vissuto l’avventura di essere stato amministratore di un piccolissimo comune di montagna ed ho capito che occorre partire proprio da lì, dalle piccole realtà locali, dove i problemi si colgono meglio nella loro interezza. Incominciamo dunque dagli Enti locali, dalle piccole realtà, guardando in faccia i problemi veri, senza guardare in faccia a nessuno. E, peggio ancora, senza emarginare chi si batte per un mondo pulito. Dobbiamo partire dal basso. Occorre fare affidamento su tutti gli uomini di buona volontà ma, in modo particolare, sugli ultimi: sono sempre stati, sono tutt’oggi e lo saranno sempre i più affidabili. A contatto con la natura pulita, coi buoni frutti della terra, sono i più "Felici"(Beati). I ricchi esigono ben altro! Per concederti una boccata di ossigeno, esigono l’intera foresta Amazzonia. L’ingordo non è mai sazio. Non si sono ancora… convinti di dover morire. Invece il povero cristo ogni giorno "muore" un pochino.
La scienza potrebbe darci una mano. Ci dice, inoltre, come fare per salvare il pianeta e ci spiega pure che su questa terra ci sarebbe cibo sufficiente per tutti, ma gli "affaristi-affamatori" non credono nemmeno a lei. Credono solo a ciò che torna loro conto, che ingrassa il loro portafogli. Bisognerebbe semplicemente che si convertissero, che si convincessero che questa terra è di tutti e non ha padroni. Dovrebbero rendersi conto che ci è sufficiente viverci alcune decine di anni a testa e…basta così! Ma…Pensate che sia facile? Provate a parlare loro della morte. Ti fuggono come la peste: "porti iella"! Preferiscono credere alle favole. Infatti!…
Quando ero ragazzo circolava per il Paese un istrione che aveva inculcato nella testa degli Italiani l’idea che "era meglio vivere un giorno da leone che cento anni da pecora". Stava scritto sui muri di tutti i luoghi pubblici. Si chiamava Benito Mussolini. Stanchi di ragionare con la nostra testa, lo prendemmo in parola: c’ero anch’io. Ci portò dritti al più drammatico e tragico naufragio della storia.
Ora, "è venuto un uomo mandato da Dio e il suo nome è Francesco", che proclama, con voce profetica, "il Vangelo della Creazione". Unisce la propria voce a quella del vecchio Isaia e grida: <<Raddrizziamo le vie del Signore! Ripuliamo l’Eden che Dio ci ha affidato!>>.
Nel massimo rispetto delle convinzioni altrui, per attuare questa "manutenzione" non si può trascurare la fede religiosa nel dialogo tra gli uomini di buona volontà. Dice testualmente, la lettera di Francesco: "La scienza e la religione, che forniscono approcci diversi alla realtà, possono entrare in un dialogo intenso e produttivo per entrambe" (62), e prosegue: "Se si vuole veramente costruire un’ecologia che ci permetta di riparare tutto ciò che abbiamo distrutto, allora nessun ramo delle scienze e nessuna forma di saggezza può essere trascurata, nemmeno quella religiosa con il suo linguaggio proprio" (63).
E’ un messaggio forte, un campanello d’allarme da non prendere sotto gamba; quasi un "sacramento", rivolto a tutti coloro che sono muniti di raziocinio. Ognuno lo legga a modo suo, secondo giustizia e verità, anche in modo "laicamente religioso". Molto originale. "Una buona novella". Denota una svolta profonda nella Chiesa di Roma, sia nella forma che nella sostanza.
Un uomo, un Papa, che, smessi gli abiti imperiali e ieratici, parla in prima persona, alla stregua di un fratello che ti tende la mano. Ti aiuta a restaurare la casa con lo stesso animo con cui Francesco D’Assisi restaurò la Porziuncola. E’ una voce umile che sa farsi accettare. Merita l’ascolto di tutte le persone di buona volontà.
Nonostante la gravità della situazione: "gioiosa e drammatica insieme"(246), ostinatamente scelgo la gioia. E’ troppo bello lasciarsi trasportare per le vie del cielo, in un "Universo (che) si sviluppa in Dio, che lo riempie tutto" (233). Un cosmo di cui ogni giorno apprendiamo un vocabolo nuovo, da aggiungere al nostro scarno abbecedario scolastico, come ci dicono le foto che ci giungono in questi giorni da Plutone. Senza parlare della notizia eclatante circa la scoperta, a millequattrocento anni luce di distanza, di una "terra" simile alla nostra. Avvenimento entusiasmante, ma che induce a restare ancor più saldamente coi piedi per terra. Alla luce di queste scoperte, rileggo con rinnovato impegno la "Laudato si’", per garantire a noi ed a quelli che verranno dopo, una degna dimora su questa terra. E’ con tristezza che sento, a volte, persone che dicono: "A me non interessano quelli che verranno poi?... si arrangeranno!...".
Mi fanno semplicemente paura. Denotano di non avere capito che "passare per questo mondo"(212) fa parte di un grande progetto di solidarietà fraterna, voluto da Dio. Si tratta di un passaggio che ci responsabilizza enormemente, e che determina addirittura una morale; come, ad esempio, "comprare un prodotto piuttosto che un altro"(206). Denota, come dice il Papa stesso nel capitolo sesto (202): "Manca la coscienza di un origine comune, di una mutua appartenenza e di un futuro condiviso da tutti". Di fronte a queste parole la mia mente corre all’Unione Europea. Dovrebbe essere una comunità solidale, invece, emergono egoismi, incomprensioni e, spesso, contrapposizioni pericolose. Esempio: la Grecia.
Quando si parla di Grecia, la prima cosa che ti balza alla mente sono i suoi filosofi: Socrate, Platone, Aristotele. Culla della democrazia e della civiltà. Una sola parola per riassumerle tutte: Partenone!
Come pure occorre ricordare i due grandi Patriarchi della Chiesa Ortodossa di Costantinopoli: Atenagoras e Bartholomeos; quest’ultimo citato, con grande rilievo, nell’Enciclica papale. E’ stato un grande delitto storico, commesso dai "ragionieri" dell’Europa, aver sacrificato questo piccolo grande Paese sull’altare di mammona.
Dopo aver percorso questo breve tratto di strada in compagnia di Francesco, ho finalmente ritrovato la strada di casa. Ritorno là, da dove sono partito da ragazzo. Avverto forte il desiderio di ritornare alla fonte da dove ha avuto inizio il "mio passaggio su questa terra". Ma, più importante ancora, è aver capito che <<La storia della propria amicizia con Dio si sviluppa sempre in uno spazio geografico che diventa un segno molto personale, e ognuno di noi conserva nella memoria luoghi il cui ricordo gli fa tanto bene. Chi è cresciuto tra i monti, o chi da bambino sedeva accanto al ruscello per bere, o chi giocava in una piazza del suo quartiere, quando ritorna in quei luoghi si sente chiamato a recuperare la propria identità>> (84). Queste sono le parole che il mio cuore attendeva ancor prima di intraprendere questo viaggio. E, come se non bastasse: <<Dio ha scritto un libro stupendo, "le cui lettere sono la moltitudine di creature presenti nell’universo">> (parole dei Vescovi cattolici del Canada, riportate dall’Enciclica papale(85)). Quindi: sono importante! Siamo tutti importanti lettere dell’alfabeto di Dio. Perciò: "Laudato sie, mi Signore, per frate Francesco…".

Ugo Beneventi




Pubblicato su la LUNA nuova - Dicembre 2015 - Num. 47

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