Luna Blog

Il Blog de "la LUNA nuova" per condividere con voi in modo veloce e costante news, aggiornamenti e notizie varie, da Palagano e dintorni e permettere a tutti la fruizione dei nostri articoli e velocizzare lo scambio di notizie e contenuti. Stay tuned!

mercoledì 1 giugno 2016

INTERVISTA A FABIO CURTO



Di Francesco Dignatici e Daniele Bettuzzi



Ciao Fabio, bentornato...Buongiorno a tutti.

Non abbiamo domande preparate. A parte la prima, a nome della Redazione. è di quelle più impertinenti però, dopo sarà tutto in discesa… Vai!

Hai talento, ma anche umiltà. Sei un animale da palco e lo hai dimostrato. Hai pure la faccia giusta, ma non solo: hai dimostrato un legame speciale con Palagano.
Detto questo, mi spieghi che cavolo ci azzecca la cittadinanza onoraria?
[Ride di gusto] Non lo so è venuta “un po’ così”. Fin dal mio primo disco [Stelle, Rospi e Farfalloni, uscito nel 2013, nda], un po’ per scherzo ed un po’ no, è cominciato questo “scambio” affettuoso e simpatico con il paese di Palagano. Poi gli spostamenti qui sono diventati anche più frequenti. Ricordo che, appena vinto “The Voice”, mi sono fiondato a Palagano. Avevo bisogno di un nido, di un rifugio. La Calabria era troppo distante. Nello spazio sì, ma anche a causa di un certo “focolaio” acceso che avevo laggiù e che avrebbe rischiato di scottarmi. Ho pensato subito al vostro paese ed alla sua magnifica accoglienza. Poi è scattata pure questa “gag” della cittadinanza onoraria. Non dimentichiamo poi il “carretto” che mi ha caricato e mi ha portato in giro per il paese, proprio all’indomani della vittoria. Un Apecar, con carretto stile dopoguerra ed un conducente con scritto “tigella” sulla maglietta. Io ed il mio amico Giovanni Braglia sul carretto. Rimarrà nella storia, era da una vita che sognavo una roba così.

Come hai cominciato a suonare?A quattro anni. Mio zio mi porta un’armonica a bocca presa alla Fiera della Madonna del Pettoruto, in provincia di Cosenza. Avevo una canzoncina in testa, quella classica “del cowboy” [l’accenna con la chitarra, è “O Susanna” per intenderci, nda]. Prendo l’armonica e capisco: quello che avevo in testa lo riuscivo a suonare. In realtà non è che l’ho capito, l’ho fatto e basta.

Poi hai cominciato ad esprimerti in maniera più consapevole…Sì, col pianoforte. A 5 anni mi hanno iscritto a pianoforte, anche se io volevo fare arti marziali. Avrei potuto diventare un pugile, evidentemente.

Fai ancora il pugile?
Meni le persone?
No, almeno… non lo faccio se non mi fanno incazzare [risate].

Okay, dicevi del pianoforte…Studiavo, un po’ di malavoglia… e leggevo gli spartiti, ma non è che mi piacesse tantissimo. O meglio, facevo finta di leggerli. In realtà arrivavo alla lezione con la musica già tutta in testa e me la cavavo così.

E poi le prime composizioni...Sì, a 7 – 8 anni. Non erano composizioni vere e proprie, ma delle variazioni su pezzi di musica leggera. Le prime composizioni vere e proprie arrivarono quando avevo 11 anni.

Ti porti dietro qualcosa di quelle prime composizioni oppure le consideri oggi troppo ingenue?No, non le considero per niente troppo ingenue. A 13 anni scrissi “Composizione N° 2”, la quale, dopo quasi 15 anni, è diventata una canzone dal titolo Underwater world [ce la accenna con voce e dolce arpeggio sulla chitarra].
Alcuni spunti erano già decisamente maturi e credo di portarmi dietro tanto di quella roba.

Successivamente sei passato alla chitarra che, a differenza del pianoforte, puoi portartela in giro… perlomeno col pianoforte è più complicato!Sì, suonavo in strada. Non è che ci vivevo, come si è inventato qualcuno. Ci suonavo. Per anni è stata la mia professione, al cento per cento. Fu a partire dai 23 anni, appena conseguita la laurea in Scienze Politiche, e durò almeno fino ai 27. Dopo l’Università mi feci Est Europa, Spagna… è stato tutto, è stata una scuola vera e propria, un corso di specializzazione. Inizi, non sai che cazzo stai facendo. Poi superi quella fase, superi l’imbarazzo, capisci che è quello che ti piace. Poi arrivano le risposte positive dalle persone ed il cuore ti si riempie: anche loro pensano che tu stia facendo la cosa giusta. Superi le leggi del caso e dell’imprevedibilità che vogliono che, magari, al lunedì ti becchi cento euro ed al martedì zero. Entri in pace con l’Universo, semplicemente perché l’idea di svegliarsi e fare quello che ti piace è la cosa più bella che ci sia.

Tra il pianoforte ed il giro per l’Europa… ci siamo dimenticati di qualcosa?Sì. Per un periodo suonavo il basso e componevo per una band black metal. [Prima dell’intervista, Fabio aveva imbracciato il basso, suonandolo notevolmente bene, nda]. Fu dai 14 ai 17 anni.

Come fa uno col “cuore sanguinante” per il cantautorato e per la grande scuola del Rock ad appassionarsi al metal? Personalmente mi ha sempre fatto schifo. Non è che non lo rispetti. Semplicemente non ce la faccio… ma forse è un mio limite…Mi piaceva tantissimo.

Qual è il tuo approccio compositivo?  Prima testo o musica?Considera che la musica è soprattutto suono. Il cantautorato, soprattutto, ha innalzato l’importanza del testo. Ma la musica in sè va oltre, esiste e vale già per sè.
Se sei un cantautore e ti trovi bene a partire dal testo, nessuno te lo vieta, vai avanti così. Per me, però, il Dio è la musica. Le parole vengono dopo.

Forse si potrebbe aggiungere che tutta la musica Rock o comunque tutta quella che puoi sentire o hai potuto sentire alla radio da cinquant’ anni a questa parte, dai Led Zeppelin a Bob Dylan o agli Stones o chessò… agli Oasis, per farti qualche esempio… tutto quello che è arrivato alle grandi masse è soprattutto cuore ed istinto prima che filosofia ed intellettualità. Mi sbaglio?Non ti sbagli, è così. A me arriva il suono, il “tribale”, il tamburo… i cori senza senso che magari non dicono nulla di elevato a livello letterario. è un po’ lo stesso meccanismo per cui ti ritrovi in Piazza Maggiore [Bologna, nda] …giri la testa ed un gruppo sta suonando Smoke on the water. Non sai perché, ma quel riff lì ti dà energia, ti rimette in piedi… sono vibrazioni, che ti entrano nelle ossa e ti cacciano fuori una forma di benessere. Non sai perché.

La parte migliore della musica è inspiegabile…Assolutamente inspiegabile ed è bello che sia così.

Pensa ad esempio a Vasco o ad altri cantautori. Va detto che, rispetto ad altri “colleghi”, sei anche un vero musicista: chitarra, piano, basso, violino, cori. Tutto sembra venirti istintivamente da Dio…Se voglio farti sentire… chessò… dolcemente malinconico, ad esempio, attraverso una musica che ho in testa, credo di poterlo fare in dieci secondi. Ben più difficile mi sarebbe, nello stesso lasso di tempo, cacciarti fuori quattro parole con un bel significato.
La musica è immediata, non serve chiedersi un bel niente per poterne godere.

Facciamo un esperimento: diventiamo dolcemente malinconici in dieci secondi…[Parte un giro con chitarra arpeggiata, in SI minore, gli vado dietro… ]
Esperimento riuscito. Ora sono triste [risate].

Come la chiamiamo?“Dieci secondi di tristezza in Si minore”.

Che mi dici del violino? Quando è arrivato?è arrivato in un periodo pazzo. Nel 2009 venimmo a suonare a Savoniero con un gruppo chiamato "ètant Donnès", facevamo pezzi nostri, un progetto meraviglioso secondo me. In quell’occasione sedevo alla batteria e cantavo. Tipo Phil Collins.

Molto anti-estetica come abbinata…Molto anti-estetica. Nessuno capiva dove fosse il cantante. Ma mi destreggiai. Il violino arrivò subito dopo. Me lo regalarono al compleanno e montai le corde al contrario. Tra l’altro custano nu sac e sord… poi qualcuno mi ha detto: “A 21 anni non puoi iniziare a suonare il violino. E’ troppo tardi”. Meno male che me lo hanno detto. Nonostante questo, da lì ad un paio d’anni mettemmo su un progetto in cui suonavo il violino: "La Van Guardia". Gran bel progetto.

Poi il tuo primo album solista, Stelle, rospi e farfalloni...Ci fu questo momento della mia vita in cui stavo incidendo l’album d’esordio de "La Van Guardia" (omonimo) e durante lo stesso periodo cominciai le registrazioni per Stelle, rospi e farfalloni. Fu un esperimento, effettivamente non avevo mai scritto pezzi in italiano cantautorali.

Benché io parli da ascoltatore piuttosto ignorante nell’ambito dei cantautori, posso dirti che ascoltai per la prima volta quel disco un paio di anni fa e ricordo di avere subito pensato: ”Caspita, questo è vero talento, chissà se sono in molti a conoscerlo…”   Ti ringrazio.

Ci sono uno o più brani di quell’album a cui ti senti legato particolarmente?Sono molto legato a Il Rospo innamorato. Ha la carica emotiva e la sofferenza tipiche di un addio, con una descrizione molto dolce.
Quanto conta la Calabria in quello che scrivi? Cosa pensi della tua terra?
Conta tantissimo. Lo Scultore Omero, nel primo album, è un sunto della mia infanzia nella mia terra. La Calabria è una terra combattuta fra sentimenti profondissimi di rispetto, arte, poesia spontanea e delinquenza. Certa gente ha rovinato tanto di ciò che avevamo di bello. 'Ndrangheta, di questo sto parlando e di nient’altro. Guadagni incalcolabili e la propria “sede” principale all’interno di una delle regioni più povere d’Europa. Il luogo in cui sono nato io mi ricorda un po’ Palagano, in un certo senso. Si trova in montagna, peraltro, a circa settecento metri di altitudine. Mi lego alle cose belle, sia delle persone che dei luoghi. Ho questo approccio e credo di non dire cazzate su questo: se anche della mia terra ci sono cose che fanno schifo e magari sono pure di più di quelle che mi piacciono, io ricordo quelle che mi piacciono. Non dirò mai che la mia terra fa schifo. Non si può passare la vita a cercare di limare le cose e le persone affinché rientrino nei nostri ideali; vorrebbe dire sprecare tutto il nostro tempo.

Prima di proseguire con la tua storia del dopo - “Stelle” …mi incuriosiva una cosa: cosa ascolti di musica straniera?Tasto un po’ particolare. Prendo alcuni “capitoli” o dettagli ben precisi dai vari artisti, senza avere magari interesse sull’intera discografia. Prendi i Deep Purple, ad esempio: per me sono made in Japan, punto. Tutto Nebraska di Springsteen, certamente, ed il suo legame con The ghost of Tom Joad; ci trovo un mondo dentro. Poi i Creedence Clearwater Revival, avevano tutto: blues, rock and roll, gospel… tanta rabbia… ed un cantante fenomenale; in loro c’è tutto quel bisogno di amore mischiato con la rabbia e la potenza del rock. Mi ci riconosco anche io in questo.

E dei cantautori italiani cosa mi dici?Sono legato ed affezionato a 10-15 pezzi di De Andrè; mi piace poi il primo Branduardi, con quell’atmosfera da “elfo nel bosco incantato”. Non avevo mai ascoltato Fossati fino a che non mi hanno detto che, quando canto in italiano, ricordo molto lui; stessa cosa mi è successa con il cantato in inglese ed Eddie Vedder.

E’ arrivato il momento: dimmi di The Voice. Come ti hanno scelto all’inizio?
Detto sinceramente: nelle preselezioni mi sarei scelto. è qualcosa legato al fatto che oramai nove cantanti su dieci suonano uguali come voce. Inoltre io avevo esigenza di farla sentire, la mia voce.
Non era un hobby. Tante persone dicevano che per me cantare era come parlare. Non subivo la mediazione di una particolare tecnica vocale o di una qualche pre-impostazione sull’approccio al palcoscenico. Oggi ti insegnano addirittura a simulare il pathos; non va bene, così siamo alla morte artistica.

E dopo come funziona durante il periodo delle trasmissioni televisive? E’ davvero tutto preparato?Si prepara tutto al dettaglio, dai tempi televisivi non si sfugge. Non posso però lamentarmi, in un certo senso: le scelte avevano sempre la mia partecipazione.

Che impressione hai avuto sul “motore” principale di The Voice?
Badano alla musica o vince la ricerca degli ascolti?
Sempre prima gli ascolti, è la regola della TV. Sempre e comunque.

Raccontami il momento della tua bella vittoria…E' stata un bel terremoto. E subito dopo non c’era tempo da perdere, si doveva uscire subito con un singolo… o cose così. Ricevevo migliaia di chiamate al giorno e non riuscivo a mettermi in contatto con la mia discografica, che avrebbe dovuto darmi indicazioni.
Fui un po’ travolto da tutto questo “ignoto”, almeno all’inizio. Per quanto riguarda le ragioni della mia vittoria, va detto che una bella differenza l’ha fatta il bacino di voti dell’Italia del centro e del sud. Roma è stata una “roccaforte”. La Calabria pure ha risposto bene.

Come ti sentivi dopo la vittoria?Ancora più semplice di prima. Anche perché ho capito che la semplicità mi ha premiato, non ho dovuto inventarmi niente, mi è bastato continuare a fare quello che stavo già facendo.

Il primo singolo partorito in seno a The Voice è stato L’ultimo Esame. Cosa cambia rispetto ai tuoi lavori precedenti?  Cambia che con quel singolo dovevamo creare un certo tipo di prodotto, che si adattasse a chi poteva interessarsi della trasmissione e votarmi.

Qualitativamente parlando, come consideri L’ultimo Esame? Ti dirò che L’ultimo Esame, nel suo genere di pop rock con vena cantautorale, lo considero un lavoro molto ben fatto. è altresì chiaro che, se tu lo collocassi in un contesto underground, piuttosto che punk o non so cos’altro, “stonerebbe” un po’.
Comunque a me piace davvero tanta musica diversa. Non mi dispiacerebbe per nulla fare un intero concerto sullo stile de L’ultimo Esame, purché si suoni bene.

Lo Scultore Omero lo consideri fra i tuoi migliori pezzi, se non il migliore. Perché non si poteva proporlo a The Voice?Non avrebbe avuto il tempo materiale di raggiungere le persone. Il testo va ascoltato due o tre volte, almeno credo. A The Voice avevi novanta secondi in cui ficcare una strofa ed un ritornello.

Si può dire che le tue migliori cose, a livello qualitativo, non siano adatte al grande pubblico?Sì, si può dire, almeno per quanto riguarda il Fabio Curto solista. Già "La Van Guardia" ad esempio, è sempre roba di nicchia se vuoi, ma si tratta di una nicchia più “allargata”.

Secondo te, l’Italia di oggi è pronta ad accogliere musica di qualità?No.

Pensi che oggi la qualità venga premiata in ambito musicale?No.

Chi è che “conta”? La gente? Le radio?Già nel momento immediatamente successivo a The Voice mi sono accorto presto che il pubblico, la gente, conta poco. Se una certa radio nazionale vuole imporre qualcosa, il “peso” della gente è davvero poca roba.

Ti seguo. Secondo me però, al di là di una qualsivoglia volontà oscura da parte delle radio (“Money, so they say…”) che forse c’è sempre stata, c’è stato pure un tempo in cui qualità ed accessibilità al “grande pubblico” andavano a braccetto. Vale a dire: gli Zeppelin, ad esempio, hanno venduto tantissimo… però erano anche piuttosto “bravini”. Ora non funziona così. Perché?In generale sono d’accordo con te. Il mainstream è questo, in Italia in particolare. Va pure detto che la qualità tecnica e di esecuzione è comunque elevata. Arrangiamenti raffinati, produttori in gamba. Però immagina di ascoltare quelle stesse canzoni solo chitarra e voce: se ne accorgerebbe anche un bambino che la qualità è scarsa. L’underground italiano invece, che sfugge da questa logica, lo trovo molto interessante.

Fossimo in Inghilterra, cambierebbe qualcosa?Qualcosa sì, credo proprio di sì.

Abbandoniamo la divagazione ed atteniamoci alla cronologia: è cambiato il tuo modo di vivere durante questo ultimo anno? Beh, mi sono capitate quelle cose un po’ “classiche”, sai… mille telefonate, la gente che mi ferma per strada…  Lavorativamente ho avuto qualche bella opportunità dopo The Voice. Ho fatto anche un bel po’ di date da solo, direi ventotto in un anno. In generale, ho avuto qualche bella soddisfazione. Ecco, chi pensa che io sia diventato ricco si sbaglia non di poco, ma di grosso! Intendiamoci, vivo dignitosamente di musica, di musica soltanto e direi che me la cavo un po’ meglio rispetto a prima.

E i 150.000 euro della vittoria?A me personalmente nessuno ha staccato un assegno e ci tengo parecchio a precisarlo. Alla luce del regolamento, si tratterebbe di soldi che finiscono “in un contratto discografico”. Ma lasciamo stare…

Hai cominciato a beccare più donne rispetto a prima?Dal punto di vista amoroso sono andato “controcorrente”: mi sono fidanzato con una ragazza della quale sono innamoratissimo.

Direi che è il momento di dedicarle una canzone.
L’hai già composta per lei?
Ovviamente. Si chiama Song for Rebecca.
[Ce la canta tutta. Manco a dirlo… è un gran pezzo]
“Affogato nel suo amore”… ”La ragione per cui canto”… Beh, sei bello cotto…
[Ride] Esatto….

Concludiamo con un pensiero al concerto di stasera qui a Palagano.
Sei carico? Che tipo di concerto sarà?
Sarà speciale anche perché ci sarà tanta gente che mi ha sostenuto in questo ultimo anno. A Palagano mi sento completamente a casa. Quindi suonare stasera non è un impegno, è una bella “rimpatriata”.
Sarà uno spettacolo acustico, ma con qualche arricchimento che ho pre-registrato sulla mia loop station: sezioni di archi, bassi elettrici, cori ed altra roba.

Bella roba. Grazie davvero Fabio. Ora sentiti libero di sparare una cazzata conclusiva a ruota libera…Grazie per l’intervista nella stanzina-studio de la LUNA nuova e grazie per la bella atmosfera.

“Bluesettino” finale in Mi e poi andiamo a pranzo, ok?Bene. One, two, three, four…


Vedi l'articolo completo
Pubblicato su la Luna nuova - Maggio 2016 - num 48

Nessun commento:

Posta un commento